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Scalata Lazio 2 anni e 6 mesi all’affarista ungherese,Chinaglia ancora latitante

Per la DDA di Napoli dietro l’affare il clan dei casalesi
1/10/2007 17:2

Roma - Arriva la prima condanna per l'inchiesta sul tentativo di scalata alla società sportiva Lazio, che ha coinvolto l'ex centravanti Giorgio Chinaglia. Il gup Marco Patarnello del tribunale di Roma, oggi, ha condannato, in rito abbreviato, l'imprenditore ungherese Zoltan Szlivas alla pena di due anni e 6 mesi. Il giudice ha anche comminato una multa di 2 milioni di euro ed ha imposto all'imputato il pagamento delle spese processuali e la liquidazione dei danni, in separata sede, per le parti lese, la Consob e la stessa Lazio di Claudio Lotito. Szlivas è riconosciuto colpevole dei reati di ostacolo ad un organismo di vigilanza ed aggiotaggio informativo; mentre invece è stato assolto dalla tentata estorsione. Lo scorso luglio Chinaglia e altre 4 persone erano state rinviate a giudizio per i reati di aggiotaggio informativo e tentata estorsione. La Lazio calcio avrebbe dovuto essere acquistata, secondo quanto affermato da Chinaglia e soci, da parte di un fantomatico gruppo industriale ungherese. Oltre a lui saranno processati il 25 ottobre davanti alla sesta sezione del tribunale penale anche Fabrizio Piscitelli, ultrà della Lazio, Giuseppe Bellantonio, portavoce di Chinaglia, Bruno Errico, libero professionista, e Fabio Di Marziantonio, ex esponente della Polisportiva Lazio. Per quella stessa data è già prevista la prima udienza nei confronti di altri quattro imputati nella stessa vicenda che hanno scelto di essere giudicati con rito immediato, ossia saltando la fase dell'udienza preliminare. Si tratta dell'imprenditore Guidocarlo Di Cosimo, dei tre ultrà del gruppo Irriducibili Fabrizio Toffolo, Yuri Alviti, Paolo Arcivieri. Szlivas - per il pm capitolino Stefano Rocco Fava - millantava un mandato da parte dell'azienda farmaceutica magiara Gedeon Richter (che lo smentì in modo netto, ndr), potenziale acquirente della Lazio. La somma di 24 milioni di euro era la cifra che il 'gruppo' aveva messo sul piatto (ma con un bonifico fantasma accreditato presso uno sportello della Banca San Paolo-Imi su un conto intestato a Chinaglia) per rilevare il pacchetto azionario della società romana. Secondo la procura di Roma, anche sulla scorta di indagini della Dda di Napoli, questo denaro era capitale derivante da proventi illeciti riconducibile ad un uomo d'affari casertano, indagato per riciclaggio e considerato organico al clan dei Casalesi. Nei confronti di Szlivas è stata revocata l'ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti, che pure non era mai stata eseguita. Anche Chinaglia non è mai stato raggiunto dal mandato d'arresto. E allo stato, per la giustizia, rimane latitante. Fonte: (Apcom)
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