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Solidarietà umana e professionale all’amico e collega Salvatore Minieri

www.comunedisparanise.com è vicina al giornalista
21/1/2008 18:5

Sparanise – Ci risiamo! Dopo Carlo Pascarella un altro amico e collega giornalista è stato vittima di un vile atto intimidatorio nella vicina Pignataro Maggiore. All’amico Sasà, anche a nome della redazione di www.comunedisparanise.com, esprimo tutta la solidarietà umana e professionale per il triste fatto di cronaca cui, suo malgrado è stato vittima la notte scorsa. Questo ennesimo brutto episodio sta a dimostrare che occuparsi di informazione nell’agro caleno sta diventando sempre più una missione impossibile, un mestiere ormai a rischio attentato, manco vivessimo a Beirut, Kabul o Baghdad. Eppure siamo in Italia, dove il diritto all’informazione dovrebbe essere tutelato. Ed invece, sempre più spesso, appena si fa del giornalismo di inchiesta, appena cioè si va a “scavare” ed a leggere tra le righe e rendere pubbliche certe verità, puntualmente giunge, come un orologio svizzero, la bacchettata di chi per decenni ha tenuto il nostro territorio sotto una coltre di violenza e di atti intimidatori che hanno finito per modificare radicalmente lo stile di vita di un’intera popolazione. Fortunatamente è andata bene anche questa volta, ma fino a quando andrà avanti questa storia? Possibile che in Italia si interviene solo quando ci scappa il morto? Personalmente mi auguro proprio di no! Chi fa il giornalista dovrebbe essere tutelato come ogni altro lavoratore e le forze dell’ordine, spesso in stretto contatto con gli operatori dell’informazione, debbono far si che questa tutela non cessi mai. Poi c’è il discorso legato ai politici. Ma qui il discorso diventa incredibilmente più complesso. Dalle nostre parti tutto funzione al contrario. Non c’è rispetto per chi fa determinati mestieri in maniera seria e professionale cosi come la deontologia insegna. Nell’agro caleno o si fanno le marchette, allora tutti sono pronti ad incensarti ed a magnificare quelle quattro righe che esaltano le gesta dell’idiota di turno oppure si è additati come dei criminali, subito pronti ad essere bombardati di diffide, querele e via discorrendo. Questo atteggiamento finisce per determinare un profilo “criminoso” del giornalista, che si rifiuta di fare marchette e che spesso si limita a raccontare le verità oggettive, disegnando un alone di astio e di rancore che troppo spesso sfocia in una vera e propria caccia alle streghe dove i potentati locali incitano la folla a gridare al rogo. Evidentemente il sistema in cui viviamo è paragonabile ad un malato terminale per cui non c’è terapia che serva. Scrivere liberamente è un reato. In passato per essermi occupato di “certi” argomenti connessi alla politica ho subito una serie infinita di telefonate anonime e di squilli notturni, come una sorta di avvertimento a farmi gli affari miei. Ma dove stiamo andando? Possibile mai che la bramosia del potere ed il vil denaro abbiano ridotto il genere umano in queste misere condizioni? Sguardi minacciosi, inseguimenti, aggressioni verbali, delegittimazione, e compagnia bella hanno ormai abdicato a favore di fucilate, bombe ed attentati incendiari, perché il livello di omertà deve essere per forza altissimo. Alzare il sipario e scoprire gli altarini significa far luce sul malaffare, rendere un favore alla Giustizia, ma vuol dire pure libertà di poter informare e volontà di uscire fuori da questa cappa asfissiante che ha disintegrato la voglia di vivere di intere generazioni. Per questo motivo dico a Sasà, a Carlo ed a tutti gli altri amici colleghi di non fermarsi, di andare avanti, però di stare attenti, perché come diceva Sant’Agostino: "Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi…"
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