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Bocchino: Il perché delle mie dimissioni irrevocabili

Il deputato si è dimesso da vice capogruppo PdL alla Camera
29/4/2010 14:29

Roma, di Italo Bocchino - Stamattina alle 9 ho rassegnato le mie dimissioni. Irrevocabili. È stato un atto dovuto, dopo le polemiche degli ultimi giorni. Il mio desiderio più grande è quello di sgombrare il campo da ogni possibile equivoco. Se ero io il problema del Pdl, oggi il problema non c’è più. Faccio un passo indietro. Farò il Vice Presidente “semplice” del Pdl, sarò uno degli 11 vice e continuerò a lavorare per un Pdl diverso da quello attuale.
Non è accettabile che il Presidente del Consiglio chieda la mia testa solo perché ho avuto l’ardire di partecipare a una trasmissione televisiva (Ballarò). Con l’aggravante che avrei rappresentato la “minoranza” del Pdl davanti a milioni di telespettatori. Obama, Merkel, Sarkozy non avrebbero mai nemmeno lontanamente immaginato di fare una cosa del genere. Non è accettabile che chi ponga in discussione un sistema fondato su un centralismo carismatico che non ha eguali in Occidente, debba essere cacciato o costretto ad andare via. Non è questo il Pdl che sognavamo. Non è questo il Pdl che volevamo e che vogliamo. Un partito che deve essere necessariamente la sintesi delle varie sensibilità e differenze che compongono quel popolo della Libertà che va ben oltre il 38% dei voti che abbiamo preso alle ultime politiche. Il problema di Silvio Berlusconi è che non riesce a comprendere le dinamiche connaturate a un partito democratico. Un partito liberale di massa deve essere innanzitutto plurale e liberale al proprio interno. Senza liste di proscrizione. Per difendere la democrazia interna, per difendere l’idea di partito plurale e liberale fui costretto a dire “no” al Presidente Berlusconi quando mi chiese (per usare un eufemismo) di non andare a Ballarò. Silvio Berlusconi deve capire che chi viene da una storia politica antica, non ha paura delle epurazioni. Non ha paura di esporre in pubblico determinate tesi anche se non condivise. Noi non abbiamo paura. Il partito da cui provengo ha vissuto l’esclusione dall’Arco costituzionale. Ma siamo andati avanti. La mia, la nostra storia ci impone di andare avanti. Non sono solo. Sono tanti i parlamentari del Pdl che ci esortano ad andare avanti. Lo fanno in privato, in silenzio. Il Pdl sta diventando il partito della paura, altro che partito dell’amore. Forse Silvio Berlusconi ha portato alle estreme conseguenze una famosa frase del Principe di Machiavelli: “Dal momento che l’amore e la paura possono difficilmente coesistere, se dobbiamo scegliere fra uno dei due, è molto più sicuro essere temuti che amati”. Dopo la “profonda gratitudine” al Capo del popolo, abbiamo scoperto che il Pdl si regge sulla regola del “colpirne uno per educarne cento”. Mi dispiace, ma noi vogliamo un partito della Libertà. Quella vera.
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