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Anche la Ferrarelle ci lascia

L'analisi politica di Salvatore Fattore
28/1/2015 20:19

Riceviamo e pubblichiamo.di Gianluca Giannini
Era la primavera del 1961 quando l'Istituto Luce manda in onda un cortometraggio con il quale mostra le prime immagini della costruzione dell'area industriale della ex pozzi. Segnerà per l'agro caleno l'inizio di un profondo mutamento economico e sociale, che trasformerà per sempre le nostre cittadine alle prese fino ad allora con gli stenti e la fame post bellica. Si passerà da una timida economia agricola ad una economia industriale in piena regola, dove oltre tremila persone troveranno fonte di sostentamento e di benessere economico. Muteranno abitudini e comportamenti. I paesini caleni subiranno una trasformazione urbanistica, oltremodo scomposta e scorretta, sulla spinta di un consistente aumento demografico. Prosperità e ricchezza accompagneranno l'agro caleno fino alla fine degli anni 80, quando alla già manifestata crisi dell'area industriale si affiancherà il terremoto che darà il colpo di grazia ad alcuni comparti dell'area pozzi. Dagli anni ottanta ai giorni nostri l'intera area calena e per essa intendo, Sparanise, Calvi Risorta, Teano e Pignataro Maggiore, subisce una regressione economica, politica e sociale senza precedenti, ma soprattutto dai tetri aspetti tipici di un processo irreversibile. La ceramiche pozzi, la vernice iplave, il tabacchificio, la precisa, l'acqua calena, gli insediamenti industriali nell'area pignatarese con a capo l'opificio della Vavid, la mitica unicoop e tante piccole realtà industriali e artigianali del distretto caleno, saranno inghiottite da una inarrestabile quanto irrefrenabile crisi, che tra le motivazioni più strambe e disparate lascerà a casa migliaia di lavoratori, costringendo intere generazioni a fare le valigie in cerca di lavoro, mortificando e umiliando intere popolazioni. Appare quello che può essere paragonato ad un brutto sogno dal quale non riesci a destarti. Il nostro distretto è come colpito dalla peste, o dalla peggiore delle iatture, nessuno ci vuole scommettere più, nessuno ritiene opportuno investire nel nostro piccolo mondo. Le cittadine calene con gli anni iniziano a trasformarsi in grigi e silenziosi quartieri dormitori. Gli industriali fanno un giro, quasi a voler annusare che aria tira e prendono il largo, come nelle migliori tradizioni marinaresche. Ultima in ordine temporale a prendere il largo è la Ferrarelle, la quale abbandona l'agro caleno a favore del piccolo borgo di Presenzano. Non conosco le motivazioni che hanno indotto l'industriale delle acque minerali a dirottare oltre 34 milioni di €uro di investimenti in area interna quasi al confine con il Molise, ma una ragione ci deve pur essere. Una ragione inimmaginabile ma non troppo, che deve farci profondamente riflettere e chiederci dove si sta sbagliando, soprattutto quando un territorio si vede svanire altri 398 posti di lavoro. Volendo restare nel nostro paese, la nostra area industriale è nell'intera provincia una delle più grandi per estensione. Ma non solo. È ubicata a solo 6 km dall'autostrada A/1, ha la ferrovia che gli arriva in pancia, è accarezzata dalla Nazionale Appia, ha al suo interno uno dei maggiori produttori di energia elettrica del sud. Eppure viene continuamente snobbata, mortificata, sminuita e peggio ancora abbandonata a se stessa. L'ASI, area di sviluppo industriale, deputata alla gestione delle aree industriali dei comuni consorziati, da anni dimentica l'agro caleno. Per quale ragione? Perché il consorzio ha investito e continua ad investire milioni di €uro in infrastrutture nel polo Maddaloni - Marcianise e nella nostra zona nonostante accordi di programma non si degna neppure di costruire un depuratore? Perché i Comuni consorziati dell'Agro non lasciano il consorzio invece di pagare la quota annuale? Perché si lasciano gli imprenditori nelle fauci del famelico carrozzone pubblico buono solo a chiedere oboli e cartacce? Perché le varie procedure fallimentari intervenute ope legis, sia in area ex pozzi che al tabacchificio, stanno durando decenni precludendo investimenti e riqualificazione? Ma soprattutto il mondo politico locale cosa fa? Si interroga almeno? Chiede? Si informa? È capace di mettere tutti intorno ad un tavolo per un confronto sereno pacato e libero da beghe di giardino, per capire cause e trovare rimedi? Si è mai pensato di riunire tutti i Sindaci della zona per fare fronte comune rispetto all'abbandono di cui siamo diventati ostaggi? Resta un dato incontrovertibile al momento: l'enorme impoverimento dell'intero distretto Caleno in termini economici, occupazionali e di presenze, mentre all'orizzonte si intravedono solo industriali che continuano a prendere il largo.
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